Scent Of Woman è il mezzo cinematografico che ho scelto per parlare della discussione orale, detta anche arringa o requisitoria; quella parte del processo che ha a che fare con l’aspetto forse più stimolante per un Avvocato e cha ha caratterizzato tantissimi film e famosi monologhi cinematografici.
Tra questi troviamo proprio Al Pacino in “Profumo di donna”, film non propriamente giuridico ed in cui l’attore di origine italiane non interpreta un Avvocato, ma che è uno dei monologhi difensivi più famosi della storia di Hollywood.
Trovate la prima parte di questo articolo, compresa la trama, sulla pagina FB dello Studio Legale a questo link.

La discussione è quella fase che conclude il procedimento penale, segue la chiusura della fase istruttoria (formazione della prova) e precede la sentenza; in tale fase il Pubblico Ministero e i difensori delle parti (imputato e parti civili) formulano le rispettive conclusioni e richieste al Giudice, tenendo conto di quanto emerso durante il dibattimento.

Regolata dall’art. 523 del codice di procedura penale, l’ordine nel quale si prende parola è rigoroso : Pubblico Ministero, avvocati di parte civile e poi di quella civilmente obbligata e per ultimo il difensore dell’imputato, che ha quindi “l’ultima parola”.
Anche se dopo di lui PM e le altre parti private hanno diritto ad una replica e contenuta nei limiti tali da confutare gli argomenti avversari.
Nonostante ciò, il codice da comunque la possibilità di ultima parola all’imputato ed al suo difensore se lo domandano.

Compito di quest’ultimo non certo quello di offrire la verità oggettiva, bensì quella di offrire al Giudice una versione data dall’estrazione del materiale istruttorio del dibattimento che risulti più favorevole al proprio cliente e che sia allo stesso tempo credibile.

Buona regola è quella di arrivare alla discussione con una bozza scritta, cercando di anticipare le argomentazioni avversarie, ma di usare tale bozza come schema e non come copione; infatti, spesso essa va rivista al momento, a seconda di quanto dicono le altre parti, e comunque è sempre meglio non leggere per coinvolgere al meglio i propri interlocutori.

Altro utile ma attento accorgimento è non attaccare la vittima del reato, verso cui naturalmente ed antropologicamente il Giudice prova naturale simpatia, anche perché questo farebbe pensare ad una povertà di argomentazioni a proprio favore.

La conoscenza e l’uso della retorica dovrebbero far parte del bagaglio culturale di ogni avvocato.
Aristotele costruiva i propri discorsi seguendo schemi ben precisi e utilizzando, per dare maggiore incisività alle sue tesi, la tecnica dei “luoghi”, che potevano essere comuni (punti di vista accettati dalla generalità) e propri (conoscenze scientifiche tipiche di un determinato campo del sapere).
L’abilità consiste nel mettere in risalto i “luoghi” più importanti per avvalorare la propria teoria, tralasciando quelli meno rilevanti.
Ovviamente importante è dare una struttura logica all’esposizione orale, sin dall’esordio, per far si che il discorso sia scorrevole, non risulti sforzato o tirato ed affinché si conduca naturalmente all’epilogo.

Scrive De Marsico, giurista napoletano importantissimo del 900:

“Ciò che importa nell’arringa, non è né la bellezza della voce né l’eleganza della frase, ma l’efficacia del dimostrare e del persuadere: il trapasso cioè di una tesi dall’ombra in cui è sepolta allo splendore dell’evidenza.”

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